Negli ultimi giorni si sente parlare di catcalling. Scopriamo insieme cos’è e perché in Italia non è ancora un reato!
Catcalling: cos’è
Si definisce “catcalling” quel fenomeno consistente in molestie verbali rivolte a donne, perlopiù sconosciute, per strada.
Il termine deriva dall’unione di due parole inglesi “cat” e “calling”, ed è stato coniato nel 1956. Il sostantivo indica, in particolare, un forte fischio o urlo, simile a quello di un gatto, volto ad attirare l’attenzione di terzi.
Nel fenomeno di catcalling rientrano le condotte più disparate: dal rivolgere apprezzamenti, a fischi sino persino insulti o battute sessiste. Può considerarsi, quindi, una delle fattispecie di violenza di genere.
Catcalling in Italia
Nell’ordinamento nostrano non è previsto il reato di catcalling, inteso quale molestia verbale e isolata per strada.
Non può, peraltro, ritenersi sufficiente la previsione di cui all’articolo 660 del codice penale, relativa al reato di “Molestia o disturbo alle persone”, per le differenze tra le due fattispecie.
Anzitutto, il catcalling è una condotta che si intende istantanea e isolata. Le molestie, invece, sono punite allorquando arrecate con petulanza, intendendo cioè pertinenza, arroganza e modo di agire incivile. Il reato di molestie, infatti, si perfeziona allorquando taluno molesti o rechi disturbo a una persona in un luogo pubblico o aperto al pubblico, per petulanza o per altro biasimevole motivo. Sul punto giova ricordare l’orientamento costante della Cassazione secondo la quale il reato di molestie si configura quando la condotta «va oltre il semplice complimento o la mera proposta di instaurazione di una relazione»[1]. A valle di queste precisazioni, quindi, emerge l’insufficienza della previsione di cui all’articolo 660 c.p. di tutelare le vittime di catcalling, il quale fenomeno può limitarsi anche solo a un fischio o un complimento per strada.
Non solo. L’oggetto giuridico che la norma de qua mira a tutelare è l’ordine pubblico, il quale verrebbe turbato da situazioni di disordine. Al contrario, un futuribile – e auspicabile – reato di catcalling dovrebbe mirare a tutelare la libertà dell’individuo nonché la sua serenità psicofisica. Le condotte di catcalling possono turbare profondamente il loro destinatario, portandolo a mutare modus vivendi o agendi e turbandone la serentià.
Quanto invece all’elemento soggettivo, consistente nella coscienza e volontà nutrita dall’autore dell’azione od omissione, è da accogliere l’interpretazione della Cassazione con riguardo al reato di molestie. Secondo gli Ermellini, il reato di molestie può configurarsi anche nel caso in cui l’autore sia convinto di operare per un fine non biasimevole[2].
[1] Cass. pen., 5 giugno 2008, n. 27469 del 05 giugno 2008.
[2] Cass. pen., 3 febbraio 2004, n. 4053.
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