In occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, Coffee Of Law intende approfondire alcuni dei reati afferenti alla violenza di genere. In questo articolo parliamo delle tutele che l’ordinamento offre alle vittime di stalking. Scopriamo di più!
MODALITÀ DI ACQUISIZIONE DELLA NOTIZIA DI REATO: LA QUERELA E IL PROCEDIMENTO D’UFFICIO
Il reato di stalking è procedibile a querela della persona offesa: questo significa che per poter essere tutelata, la vittima deve sporgere querela all’autorità giudiziaria ossia davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria.
L’ordinamento prevede dei casi in cui il reato di stalking è procedibile d’ufficio, consentendo alla procura dopo aver avuto la notizia del reato di accertare chi abbia commesso il reato, senza necessità della querela della vittima.
Tali casi si riferiscono a cinque ipotesi:
- quando la persona offesa è un minore;
- quando la persona offesa è una persona con disabilità;
- quando la persona offesa è una donna in stato di gravidanza;
- quando lo stalking è commesso tramite altro reato procedibile d’ufficio;
- quando lo stalking è commesso da un soggetto che ha ricevuto l’ammonizione da parte del questore.
Per poter essere procedibile d’ufficio, è necessario che il reato venga a conoscenza della procura. Solitamente, la procura viene a conoscenza della commissione di un reato tramite la denuncia, sporta da qualsiasi cittadino.
Nel caso del reato di atti persecutori, la procura può venire a conoscenza del fatto di reato tramite[1]:
- la querela della persona offesa che si reca davanti all’autorità giudiziaria (pubblico ministero o polizia giudiziaria) per raccontare i fatti di sua conoscenza;
- l’attività di indagine svolta dalla polizia giudiziaria dalla quale emergono fatti di reato per i quali è prevista la procedibilità d’ufficio;
- l’ammonimento da parte del questore, disatteso dall’autore dello stalking.
AMMONIMENTO DEL QUESTORE
Nel 2009, con il d.l. n. 11, all’articolo 8, è stato previsto l’ammonimento del questore, un istituto con il quale il questore ammonisce l’autore degli atti persecutori, invitandolo ad astenersi dalla continuazione di tali condotte.
La ratio dell’introduzione di questo strumento si rinviene in due necessità: disincentivare l’autore a perpetrare le condotte «nella speranza, evidentemente, che tale avviso abbia, per il solo fatto di provenire da una Autorità di polizia, un effetto dissuasivo e che, in definitiva, la procedimentalizzazione della reazione allo stalking si riveli superflua»[2]; offrire alla vittima «una tutela rapida e anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale»[3].
Come evidenziato dalla dottrina[4], il Legislatore ha mirato a costituire un meccanismo di penalità progressiva ed eventuale per due motivazioni: d’un lato, in quanto confida nel fatto che l’autore del reato desista spontaneamente dalla reiterazione degli atti persecutori per paura di incorrere in più gravi conseguenze sul piano penale; dall’altro, poiché la vittima a causa del legame affettivo pregresso nei confronti del persecutore è disincentivata a ricorrere immediatamente alle vie giudiziarie.
L’ammonimento del questore è uno strumento alternativo alla querela, tramite il quale la vittima informa dei fatti l’autorità di pubblica sicurezza, quindi il questore. Differisce quindi dalla querela, in quanto questa deve essere presentata all’autorità giudiziaria ossia alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero.
Affinché il questore accolga la richiesta di ammonimento da parte della (presunta) persona offesa, è necessario che accerti la fondatezza dei fatti esposti, riscontrandone la veridicità. Tale riscontro può essere condotto anche sentendo persone informate sui fatti e assumendo informazioni per tramite di investigazioni. Nel caso in cui il questore ritenga che la richiesta di ammonimento da parte della vittima sia fondata, ammonisce oralmente l’autore dello stalking e lo invita dall’astenersi dalla continuazione delle condotte.
Se l’autore non desiste dalla continuazione delle condotte, il reato sarà procedibile d’ufficio e la pena eventualmente irrogata in caso di condanna dell’autore sarà aumentata, come previsto dall’art. 8, commi 3 e 4, del d.l. 11/2009.
Inoltre è previsto che si proceda d’ufficio qualora la vittima durante l’esposizione dei fatti per l’ammonimento renda edotto il questore di reati per i quali è prevista la procedibilità d’ufficio.
QUERELA
La vittima di stalking, in alternativa all’ammonimento del questore, può sporgere querela affinché l’autorità giudiziaria proceda nei confronti del persecutore.
La persona offesa può rivolgersi alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero per esporre i fatti di reato in sua conoscenza, di cui è stata vittima.
La querela è un atto a forma libera: questo vuol dire che la vittima dovrà limitarsi a esporre i fatti così come sono in sua conoscenza, senza la necessità di forme sacramentali né di dare una qualificazione giuridica dei fatti esposti.
Il termine entro il quale proporre querela è di sei mesi.
Importante, a tal fine, è individuare il dies a quo cioè il giorno dal quale si è venuti a conoscenza del fatto di reato dal quale si devono far decorrere i sei mesi. La querela, infatti, non potrebbe essere proposta se la conoscenza dei fatti di reato è iniziata più di sei mesi prima.
Il termine di sei mesi decorre dal momento in cui la parte lesa abbia elementi idonei a identificare il suo persecutore e «non già dal momento in cui la stessa decida di pervenire a detta concreta identificazione, bensì dal momento in cui la stessa sia in grado di attivarsi onde giungere a tale conoscenza»[5].
Questo significa che il termine decorre da quando la vittima sia potenzialmente in grado di identificare un soggetto come autore degli atti.
Quanto all’elemento oggettivo relativo alle condotte, affinché decorra il termine di sei mesi è necessario accertare che sussistano entrambi gli elementi della reiterazione della condotta e del perdurante stato di ansia o paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto ovvero un’alterazione delle proprie abitudini di vita.
Al fine di verificare l’esistenza dello stato di ansia o di timore per l’incolumità della vittima o di suoi altri cari, il giudice dovrà accertare l’esistenza del disagio psichico in maniera indiretta, desumendolo dai comportamenti assunti dalla vittima o da altri fatti oggettivamente significativi.
Più semplice è, invece, l’accertamento da parte del giudice dell’alterazione delle abitudini di vita della persona offesa, il quale può essere provato in modo puntuale e oggettivo. È necessario che emerga l’elemento della costrizione da cui deriva l’alterazione dell’habitus vivendi della vittima, necessaria per evitare i pericoli derivanti dagli atti persecutori.
DIVIETO DI AVVICINAMENTO AI LUOGHI FREQUENTATI DALLA VITTIMA
Tra le misure cautelari personali di tipo coercitivo vi è il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, disciplinato dall’articolo 282 ter c.p.p., introdotto dall’articolo 9 del d.l. n. 11 del 2009.
Tale misura cautelare prevede che il giudice, nel corso di un procedimento penale per atti persecutori, imponga all’imputato autore dello stalking il divieto di non avvicinarsi o di mantenere una determinata distanza dai luoghi che la persona offesa frequenta abitualmente ovvero dai luoghi frequentati dai prossimi congiunti, conviventi o persone legate affettivamente dalla vittima, e di non comunicare con queste ultime persone.
Nel caso in cui i luoghi frequentati dalla persona offesa siano luoghi nei quali l’autore dello stalking ha necessità di frequentare per motivi di lavoro o esigenze lavorative, il giudice può limitare la frequentazione.
Nel caso in cui la vittima sia l’ex coniuge, potrebbe essere applicata anche la misura dell’allontanamento dalla casa familiare di cui all’articolo 282 bis, la quale può essere disposta «anche quando il coniuge abbia già abbandonato il domicilio domestico per intervenuta separazione legale o di fatto»[6].
MISURA CAUTELARE IN CARCERE
Il giudice può disporre nei confronti di un imputato per stalking di applicare la misure la cautelare in carcere qualora «l’allontanamento dalla casa familiare ovvero il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’offeso, nonché gli arresti domiciliari, non dovessero mostrarsi validi deterrenti nei confronti di colui che continui»[7].
[1] A. Pulvirenti, Note problematiche su alcuni profili procedimentali del delitto di “atti persecutori” (Stalking) , in Dir. fam., 2011, 2, p. 939.
[2] A. Pulvirenti, Note problematiche su alcuni profili procedimentali del delitto di “atti persecutori” (Stalking) , in Dir. fam., 2011, 2, p. 939.
[3] A. Pulvirenti, Note problematiche su alcuni profili procedimentali del delitto di “atti persecutori” (Stalking) , in Dir. fam., 2011, 2, p. 939.
[4] A. Pulvirenti, Note problematiche su alcuni profili procedimentali del delitto di “atti persecutori” (Stalking) , in Dir. fam., 2011, 2, p. 939.
[5] A. Pulvirenti, Note problematiche su alcuni profili procedimentali del delitto di “atti persecutori” (Stalking) , in Dir. fam., 2011, 2, p. 939.
[6] S. Tigano, Atti persecutori e maltrattamenti nei confronti degli “ex”: dall’introduzione del delitto di stalking alla recente legge n. 172 del 2012, in Dir. fam., 2013, 1, p. 350.
[7] S. Tigano, Atti persecutori e maltrattamenti nei confronti degli “ex”: dall’introduzione del delitto di stalking alla recente legge n. 172 del 2012, in Dir. fam., 2013, 1, p. 350.
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