Tra i delitti contro la pubblica amministrazione balzati alle cronache vi è il reato di traffico di influenze illecite, contestato dalla Procura di Roma a Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo, Italo Bocchino, ex senatore, e a Denis Verdini, imprenditore ed ex politico. In cosa consiste il traffico di influenze illecite? Scopriamolo insieme.
Lo scorso ottobre è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini per la maxindagine su Consip, che vede coinvolti personaggi noti del mondo politico e imprenditoriale come il padre di Matteo Renzi, Tiziano Renzi, Italo Bocchino e Denis Verdini.
Il reato di “traffico di influenze illecite”, disciplinato all’articolo 346bis del codice penale, è uno dei delitti contro la pubblica amministrazione ed è di recente introduzione nell’ordinamento italiano. Il delitto di traffico di influenze illecite si connota per un rapporto trilaterale intercorrente tra un privato, un faccendiere e un pubblico ufficiale o un pubblico impiegato, i quali stipulano un pactum sceleris.
Ai sensi della norma, chiunque, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, un qualche vantaggio, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette un vantaggio. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie.
Il reato introdotto dalla norma è un reato parzialmente comune, di danno, di mera condotta, a forma libera, per il quale è previsto un dolo generico ed è procedibile d’ufficio. Inoltre, esso è un reato plurisoggettivo bilaterale proprio e presuppone, come per il reato di corruzione, un rapporto paritario tra i soggetti coinvolti.
L’oggetto giuridico tutelato dalla norma è il medesimo di quello previsto per l’ipotesi di millantato credito e consiste nel buon andamento e nel prestigio della pubblica amministrazione, il quale viene leso quando un pubblico ufficiale si dimostri influenzabile da un privato a danno dei superiori interessi della pubblica amministrazione.
Quanto ai soggetti, il delitto di traffico di influenze illecite è caratterizzato da un rapporto trilaterale tra un faccendiere, un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio e un privato.
Il faccendiere è colui il quale sfrutta una relazione esistente e pregressa con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio al fine di far dare o promettere indebitamente denaro o altro vantaggio patrimoniale come corrispettivo per la sua mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o come remunerazione a quest’ultimo. Secondo la norma, questi può essere “chiunque”. Invero, il reato non può definirsi né totalmente comune né proprio. Non può definirsi un reato proprio perché non è necessario che il faccendiere assuma una qualifica nell’ipotesi di cui al comma 1, mentre si prevede al comma 3 un’ipotesi aggravata qualora il faccendiere assuma la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Neppure può essere definito un reato comune tout court, in quanto il faccendiere non può essere il quisque de populo ma solo colui che ha una relazione esistente con un pubblico ufficiale e un reale potere di influenza nei confronti di quest’ultimo. Pertanto, si tratta di un reato proprio a soggettività ristretta.
È propria la fattispecie di cui al comma 3, la quale presuppone che il faccendiere ricopra la carica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Alla stregua del faccendiere, soggiace alla stessa pena anche il compratore, colui il quale si avvale della mediazione indebita.
Elemento imprescindibile del rapporto trilaterale alla base del reato in esame è la presenza di un accordo, un pactum sceleris tra il privato e il mediatore con cui l’uno si impegna a mediare le richieste del privato al pubblico ufficiale, sfruttando la sua relazione pregressa ed esistenze e la sua influenza reale, l’altro si impegna a corrisponderne denaro o altro vantaggio.
Con riferimento al contenuto del pactum sceleris, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non devono necessariamente porre in essere atti del proprio ufficio ma, qualora non sia competente ad emanare l’atto oggetto di interesse del privato, può anche limitarsi a influenzare un’altra carica in grado di emanarlo.
La relazione tra faccendiere e pubblico ufficiale è il presupposto del reato, ma non è sufficiente a connotare la sussistenza del reato perché la vera causa del negozio illecito tra il mediatore e il soggetto privato è lo sfruttamento della relazione esistente al fine di determinare il comportamento o le scelte del pubblico ufficiale. Lo sfruttamento è quindi la causa che determina l’accordo tra il mediatore e il privato.
La condotta del faccendiere incriminata dalla norma è quella consistente nella mediazione tra l’interesse del privato e il pubblico ufficiale che può soddisfare le sue richieste. Una mediazione che si deve basare su un rapporto tra pubblico ufficiale e faccendiere esistente e non solo supposto o millantato.
Le novità dello c.d. Spazzacorrotti
La l.n. 3/2019 (cd. Spazzacorrotti) ha riformato il comparto del codice penale relativo ai delitti contro la pubblica amministrazione.
Nel caso del Traffico di influenze illecite, la norma recita: «chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322bis, indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi». La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.
Il legislatore della riforma ha accorpato nell’articolo 346bis c.p. i reati di millantato credito e di traffico di influenze illecite, abrogando l’articolo 346 c.p.
La norma così novellata sanziona il comportamento di colui che promette l’esercizio di una influenza nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio, anche qualora non si attivi concretamente. Pertanto, qualora vi sia una mera promessa di influenza illecita nei confronti di un pubblico ufficiale, si applicherà quanto previsto ex art. 346bis c.p. Qualora il patto corruttivo tra le parti si concluda, si perfezionerà il concorso trilaterale in corruzione, coinvolgendo il mediatore. Se invece il patto corruttivo non si concluda, ma il mediatore si è prodigato nei confronti del pubblico ufficiale e del privato, allora si integrerà il reato di istigazione alla corruzione.
Accorpando le due fattispecie, il legislatore ha esteso la punibilità anche al compratore di fumo, prescindendo dall’esistenza del rapporto tra il faccendiere/venditore di fumo e il pubblico ufficiale. Per integrare il reato è sufficiente che il mediatore asserisca di avere una relazione con un pubblico ufficiale, tale da influenzarne il comportamento, anche qualora il rapporto asserito sia solo presunto e non reale.
Spazzacorrotti: le singole modifiche per il traffico di influenze illecite
La prima modifica viene introdotta in apertura, con riferimento alla clausola di riserva che originariamente contemplava le sole ipotesi di corruzione per atti contrari al dovere di ufficio di cui all’art. 319 c.p. e di corruzione in atti giudiziari di cui all’art. 319 ter c.p. La riforma introduce nella suddetta clausola anche l’ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione ex art. 318 c.p. e di corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee di Stati esteri, di cui all’art. 322bis c.p. Il legislatore ha quindi superato le difficoltà avvertite in sede di interpretazione in merito all’estensione della clausola di riserva all’ipotesi di corruzione “impropria”. Prima della riforma, ex littera legis l’art. 346 bis c.p. non era applicabile ai casi in cui il pubblico funzionario fosse stato influenzato a compiere un atto conforme ai doveri d’ufficio, integrando il reato di corruzione “impropria”. Con l’introduzione dell’art. 318 c.p. si rende evidente la voluntas del legislatore, mirata a punire non solo i comportamenti contrari ai doveri di ufficio ma tutte le condotte, anche secundum legem, che siano influenzate da un accordo.
Un’altra modifica riguarda la contropartita degli accordi illeciti. Mentre prima della riforma, differentemente da quanto previsto dalla fattispecie del millantato credito, si prevedeva “denaro o altro vantaggio patrimoniale”, ora la nozione viene estesa ad ogni altra utilità, così come previsto nelle fattispecie di corruzione, concussione, induzione indebita. Venendo meno il carattere della patrimonialità, la contropartita può consistere in qualsiasi altra prestazione non patrimoniale, qualsiasi vantaggio materiale, morale, patrimoniale e non, basti pensare ad una raccomandazione per il conferimento di un incarico importante incarico di dirigenza pubblica, alla promessa di un posto di consigliere di amministrazione o persino delle prestazioni sessuali.
Tra le novità, vi è anche l’inasprimento della cornice edittale la quale, interessando sia le ipotesi di millantato credito, sia quella di traffico di influenze illecite, ha un minimo di un anno e un massimo di sei anni e quattro mesi. Si prevedono inoltre tre circostanze aggravanti. La pena è aumentata se il mediatore è un pubblico ufficiale o un pubblico servizio o uno dei soggetti avente la qualifica di cui all’articolo 322 bis c.p., in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o di ritardo di un atto.
Tali modifiche hanno influito su profili di diritto processuale: non si possono disporre le intercettazioni, applicabili invece nella disciplina previgente concernente il millantato credito, perché, ai sensi dell’art. 266, comma 1, lett. b), c.p.p., prevedono che il massimo edittale della pena sia di cinque anni di reclusione; non si può richiedere l’applicazione della misura cautelare coercitiva ai sensi dell’art.280, comma 2, c.p.p. Inoltre, il compratore di fumo non può essere chiamato in giudizio come testimone in quanto non è più considerato soggetto passivo del reato.
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